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Resoconto della mia esperienza ad Hambach

Come promesso pubblico il resoconto della mia esperienza ad Hambach e voglio anche ringraziare le persone che, qui in Italia, in questi giorni hanno dimostrato tanto interesse per la questione e mi hanno chiesto informazioni per andare ad Hambach o per organizzare eventi informativi e di raccolta fondi a sostegno della lotta: grazie a tutt* per il supporto, non avrei mai immaginato che una piccola azione da parte mia avrebbe suscitato tanto interesse, e spero che possa, in qualche modo, essere d’aiuto alla lotta.

Sono arrivata a Colonia la mattina di lunedì 17 settembre con l’intenzione di proseguire verso la foresta di Hambach nel pomeriggio: prima di partire per Buir, la stazione più vicina ai vari accampamenti degli attivisti, mi sono recata in un centro sociale, dove avrebbe dovuto esserci un punto informazioni per gli/le attivist*, nella speranza di avere qualche notizia in più (rispetto a quel poco che già sapevo) sui campi e su come raggiungerli, purtroppo a quell’ora non c’era nessuno, dopo un po’ è arrivato un ragazzo, ho chiesto a lui se c’era del materiale su Hambach, mi ha confermato che c’era stato un evento a sostegno della lotta qualche giorno prima, ma al momento non c’era materiale disponibile e probabilmente gli/le attivist* del punto informazioni sarebbero arrivat* in serata.

Non volendo aspettare oltre sono tornata alla stazione centrale di Colonia e ho preso il treno per Buir. Già nella piccola stazione del paese c’erano un paio di furgoni della polizia, lì ho trovato anche alcun* compagn*, anche loro arrivat* in treno: mi sono unita al gruppo per arrivare ai campi (erano quasi le 16). Il primo lungo la strada che porta dalla stazione alla foresta era il Media Hub (c’erano soprattutto camper e furgoni e c’era la possibilità di ricaricare gli apparecchi elettronici), poi c’era il campo Mahnwache costituito da un tavolo con cibo e bevande (praticamente tutto vegano come gli/le attivist* chiedevano ai/lle solidali che portavano i rifornimenti) sotto un gazebo e, dietro di questo, un tendone dove potevano dormire gli/le attivist* che restavano di notte. Lungo tutta la strada c’erano diversi furgoni della polizia che di tanto in tanto andavano verso il Meadow Camp e tornavano indietro.

Per circa un’ora sono rimasta al campo Mahnwache per parlare un po’ con alcun* compagn*, poi mi sono avviata verso il Maedow Camp, l’accampamento più vicino al bosco dove, tra le altre cose, si cucina per gli/le attivist* che resistono nella foresta. Nei dintorni c’erano già diversi gruppi di ragazz* che provavano ad entrare nel Meadow Camp, ma ogni volta venivano allontanati dalla polizia, presente in gran numero con i furgoni e anche con i cavalli (dovevano essere sei o otto le guardie a cavallo).

Insieme ad un gruppo di cinque o sei giovan* ragazz* ho provato anch’io ad avvicinarmi, e ancora una volta siamo stat* mandat* via dai poliziotti. Quindi mi sono allontanata: mi è sembrato che gli/le altr* volessero tentare un percorso alternativo per arrivare al campo, forse passando per la foresta, ma io non conoscevo il luogo e ho preferito fermarmi da sola sotto degli alberi ad osservare con il binocolo i movimenti della polizia e degli/lle attivist* vicino al Meadow Camp: i poliziotti a cavallo stavano per un po’ fermi vicino al campo poi facevano un giro lungo il bordo della foresta e per lo stradone che collega il campo alla strada principale, gli altri poliziotti fermi davanti al campo bloccavano il passaggio dei/lle ragazz* che tentavano di raggiungerlo e spesso anche i poliziotti sui furgoni inseguivano i/le ragazz* per bloccare loro il passaggio. Ho pensato che, da sola o in gruppo non sarei riuscita a passare in quel momento, la cosa migliore sarebbe stata (come anche consigliato sul sito hambachforest.org) tentare di passare di notte quando avrebbe dovuto esserci meno polizia, alcun* attivist* passando di lì mi hanno consigliato la stessa cosa e augurato buona fortuna.

Sono quindi tornata al Mahnwache, con l’idea di riprovare più tardi ma, quella sera, i/le compagn* del campo avevano organizzato un concerto punk proprio su uno stradone lì vicino quindi, oltre alla tanta gente venuta per il live, anche la polizia rimase presente in gran numero fino a tardi, solo le guardie a cavallo se ne erano andate nel frattempo. Sono rimasta per buona parte del live, poi ho deciso di restare per la notte al Mahnwache e di studiare meglio la situazione all’indomani, del resto ero molto stanca per il viaggio della notte prima, in cui avevo dormito poco e male, al Mahnwache non ho montato la mia tenda ma mi sono trovata un piccolo posto sotto il tendone tra i materassini dei/lle altr* compagn* e lì ho dormito circa fino alle 10 della mattina di martedì 18.

Quel giorno verso le 11 ho visto passare per la strada i furgoni che trasportavano i cavalli della polizia, a quell’ora già faceva caldo, mi ha fatto molto male pensare a quei poveri animali costretti a stare fino a sera sotto il sole a portare in giro degli sbirri sorridenti e arroganti. Ho anche avuto modo di osservare meglio le posizioni dei campi e i possibili passaggi che avrei potuto tentare di notte per andare al Meadow Camp, non sembrava difficile: con un po’ di attenzione avrei potuto farcela anche da sola, e ci tenevo veramente tanto ad arrivare al campo: per vedere di persona com’era la situazione, consegnare il cibo che avevo portato per gli/le attivist* e per capire se avessi potuto dare un mio aiuto nel campo o nelle occupazioni nella foresta.

Era una giornata molto ventosa, tanto che abbiamo dovuto rinforzare la tenda del gazebo che stava per staccarsi, ma faceva anche molto caldo e a un certo punto non riuscivo più a stare là sotto, quindi mi sono allontanata dal campo per fare delle passeggiate da sola in un boschetto lì vicino, ero da un po’ seduta sotto un albero quando mi si è avvicinato un ragazzo, anche lui diceva di non sopportare il caldo che c’era al campo, mi ha offerto del cibo e poi mi ha chiesto se volevo andare al Meadow Camp e da là passare poi nella foresta, proprio quella sera infatti sarebbero arrivate delle sue amiche, alcune conoscevano bene i luoghi perché vi erano già state nelle settimane precedenti. Abbiamo deciso che saremmo andat* tutt* assieme quella sera stessa.

Sono poi andata al Media Hub per ricaricare la batteria del telefono e sono tornata al Mahnwache per cenare e conoscere le amiche del ragazzo incontrato nel bosco. Sono stat* tutt* molto gentil* con me e sono rimast* sorpres* del fatto che venissi dall’Italia, oltretutto da sola. Siamo partit* con tutte le nostre cose per il Meadow Camp, ma non era molto tardi e c’erano ancora diversi poliziotti nella zona, ci hanno fermat* ma, a differenza di quello che facevano durante il giorno (non lasciavano passare nessun* a parte poch* not* che portavano cibo e acqua agli/lle occupanti), ci hanno chiesto se avevamo intenzione di dormire nel Meadow Camp e hanno perquisito gli zaini e le borse di tutt*, poi ci hanno lasciat* andare.

Nel Meadow Camp non c’era elettricità e di notte gli/le attivist* usano pile e candele, non c’era neanche più il bagno (distrutto dalla polizia qualche giorno prima). Ho lasciato agli/le occupanti il cibo che avevo portato con me, 3 chili tra cereali e legumi. Abbiamo spento e messo da parte i telefoni per sicurezza e ci siamo sedut* tutt* a terra, in un grande cerchio attorno a un paio di candele, per un’assemblea in cui discutere le prossime azioni di resistenza per cercare di difendere la foresta. Eravamo una cinquantina di persone tra abitanti del Meadow Camp e nuovi arrivat* da Mahnwache, abbiamo deciso di parlare inglese in assemblea affinché anch’io, che capisco meglio l’inglese del tedesco, potessi capire bene ciò di cui avremmo parlato. Abbiamo discusso in modo molto approfondito di varie possibilità: quali strade percorrere, quant* attivist* avrebbero partecipato, dividersi in più gruppi o restare unit*, quali erano le occupazioni che la polizia avrebbe potuto sgomberare per prime, la repressione e le conseguenze che avremmo subito dopo questa azione, e come comportarsi con la polizia nella foresta e nel carcere di Gesa nel caso, molto probabile, che ci avessero arrestat*.

Insieme abbiamo deciso che: 1) saremmo partit* molto presto, verso le 5 di mattina, per cercare di essere nella foresta prima che i macchinari per lo sgombero iniziassero a lavorare; 2) non saremmo passat* per i sentieri ufficiali, per evitare di essere scopert* subito dalla polizia che, con i furgoni, percorre le strade nella foresta anche di notte; 3) avremmo contato su una quarantina di attivist* e avremmo cercato di non dividerci; 4) le occupazioni nella foresta erano tutte a rischio sgombero, ma ci sembrava più probabile che venissero attaccate Cosy Town e Beech Town, rispetto a Lorien, poiché le prime due erano già state prese di mira nei giorni precedenti, e abbiamo optato quindi per il blocco di una strada che porta ad entrambe le occupazioni, così avremmo potuto ostacolare lo sgombero di Cosy Town e Beech Town restando unit* in un unico gruppo; 5) durante il blocco della strada avremmo tenuto un comportamento non provocatorio e di resistenza passiva per cercare il più possibile di evitare un’eventuale risposta violenta da parte dei poliziotti, che già si era manifestata in precedenza (soprattutto nello sgombero delle case sugli alberi e delle altre strutture nella foresta); 6) chi già aveva partecipato ad azioni di questo tipo ci ha informat* del fatto che la polizia avrebbe dato agli/lle attivist* tre avvisi per lasciare libera la strada, avremmo avuto tempo fino ai primi due per alzarci e andare via senza conseguenze, al terzo saremmo stat* trascinat* via con la forza e portat* alla prigione di Gesa dove saremmo rimast* in arresto fino a sera (in genere verso sera i/le prigionier* vengono rilasciat*). Ad ognun* la libertà di decidere se lasciare il blocco entro i primi due avvisi o resistere e subirne le conseguenze, e se portare con se o no i propri documenti per, eventualmente, consegnarli alla polizia al momento dell’arresto, per l’identificazione. I/le compagn* ci hanno consigliato anche, nel caso dell’arresto, di farci dei piccoli tagli sui polpastrelli per evitare l’acquisizione delle impronte digitali, in alternativa si avremmo potuto usare anche della colla, ma ci hanno avvisat* del fatto che in alcuni casi i poliziotti hanno usato dei solventi per rimuovere la colla dalle dita degli/lle attivist* e così sono riusciti e prenderne le impronte.

Finita l’assemblea ho mangiato con alcune delle ragazze del gruppo con cui ero arrivata al Meadow Camp e durante questa “cena a lume di candela” abbiamo parlato di repressione, ecologismo, lotta di liberazione animale e attivismo in Italia e in Germania. Dopo questa interessante discussione ci siamo messe a dormire, chi su una sedia a sdraio, chi su un materasso, io assieme ad altre tre persone su un grande tappeto su cui avevo steso il mio materassino.

Nella notte del 19 settembre, alle 4,30 ci siamo alzat* e verso le 5 siamo entrat* nella foresta: come deciso, per evitare la polizia, non attraverso i percorsi esistenti bensì facendoci strada tra la vegetazione con molta difficoltà nel buio, senza luci: sdraiandoci a terra quando vedevamo passare sui sentieri vicini le auto della polizia e correndo il più velocemente possibile quando dovevamo attraversare quei sentieri. Dopo circa mezz’ora siamo arrivati alla strada che volevamo bloccare sedendoci a terra in un gruppo di 40/50 attivist*. Il nostro blocco è stato immediatamente circondato dalla polizia, che ha chiamato i rinforzi tra cui anche la squadra cinofila che, con i cani, ha controllato la zona circostante (un immane dispiegamento di forze dell’ordine, che non saprei neanche quantificare). Noi attivist* stavamo lì, sedut* in 5 file a bloccare la strada, gridando i nostri slogan: “Hambi Bleibt!” e “We are unstoppable, another world is possible!”, e cantando in tedesco canzoni che io non conosco. A un certo punto, quest* ragazz* bellissim*, hanno iniziato a cantare “Bella Ciao” in tedesco e mi è scoppiato il cuore dall’emozione: sono dalla parte giusta, insieme alle persone migliori che potessi incontrare.

Dopo varie ore in questa situazione (in cui siamo stat* fotografat* e filmat* più volte dalle forze dell’ordine) è arrivato il primo avvertimento della polizia di alzarci e andare via, al terzo saremmo stat* portat* via con la forza e arrestat*. Alcun* attivist* sono andat* dopo il secondo avvertimento, altr* (me compresa), poco più della metà del gruppo ha resistito. E quindi ad un* ad un* siamo stat* trascinat* dai poliziotti prima tra gli alberi al bordo della strada sterrata: ammucchiat* là alcun* attivist* hanno ripreso a cantare “Bella Ciao” in tedesco, mi sono commossa ancora di più e un compagno si è voltato verso di me e mi ha detto: -tu conosci la versione originale perché sei italiana- è impossibile, per me spiegare, le emozioni che ho provato in quel momento. Poi, di nuovo ad un* ad un* ci hanno trascinat* verso i furgoni della polizia, dove siamo stat* perquisit* e portat* su un autobus, erano circa le 10 di mattina. Abbiamo aspettato più di un’ora e mezza perché nel frattempo continuavano le operazioni di sgombero dei villaggi e delle case sugli alberi a Cosy Town e Beech Town e anche alcun* occupanti di questi villaggi sono stat* arrestat* e condott* sull’autobus. Abbiamo approfittato dei tempi di attesa per farci i tagli sulle dita e per metterci la colla. Quindi siamo stat* portat* in prigione a Gesa, il gruppo di supporto agli/lle arrestat* era già là fuori, con il suo stand, ad aspettarci (erano circa le 13). Siamo stat* perquisit* di nuovo, questa volta in maniera più profonda (la polizia ci ha fatt* spogliare completamente per controllarci) e poi siamo stat* divisi in tre celle, due di ragazzi e una di ragazze con dei teli di plastica sui lati tra una cella e l’altra, dei tatami con delle coperte su parte del pavimento delle celle. Ho dormito per ore, dopo che mi sono svegliata eravamo ancora tutt* lì, e in quel momento ho iniziato a preoccuparmi davvero, perché dalla luce del sole che entrava dalle finestre capivo che avevo dormito a lungo e stava facendo sera, e nessun* di noi era stat* rilasciat*. Ad un certo punto, con rabbia, abbiamo ripreso con il grido “Hambi Bleibt!” e con il verso del lupo a cui rispondeva, ululando, il gruppo di supporto all’esterno della prigione. Verso le 20 la polizia ha iniziato a rilasciare gli/le attivist* ad un* ad un*, consegnando ad ognun*, me compresa, una mappa su cui era segnata la zona della foresta e delle aree circostanti in cui ci è stato vietato di andare per i prossimi 3 mesi altrimenti, nel caso un* fosse scopert* nell’area dovrebbe pagare una multa di circa 500 €. Sono stata tra i/le prim* a uscire: i/le compagn* nelle celle in quel momento gridavano: -the best!- erano tutt* colpit* dal fatto che fossi venuta da tanto lontano e che avessi resistito al punto da farmi arrestare, me lo avevano detto anche mentre ci stavano portando a Gesa con l’autobus. Fuori ho trovato il gruppo di supporto che offriva il cibo e si organizzava per gli spostamenti degli/lle arrestat* e per chi, come me, avrebbe avuto bisogno di ospitalità per la notte. Quando ho chiesto ad una ragazza del gruppo se c’era la possibilità di ricaricare la batteria del mio telefono, mi ha risposto: “si ma, prima che tu usi il telefono ti voglio dire una cosa, visto che la notizia sta già circolando vorrei dirtelo di persona: un attivista e giornalista è morto cadendo da un albero”, capivo le sue parole, ma non volevo crederci: poi mi ha abbracciata, è stato un momento terribile, ma ho sentito che la solidarietà e la voglia di resistere per difendere ciò che resta della foresta di Hambach erano ancora forti.

Ho avuto modo di mangiare un pasto caldo e in poco tempo mi hanno trovato un posto dove stare per la notte e un passaggio in macchina per arrivarci. Altr* compagn* hanno deciso di tornare al campo, alcun* avevano ancora delle loro cose da recuperare là, io invece, sapendo di dover ripartire entro domenica 23 per motivi famigliari, ho preferito non rischiare e farmi ospitare per qualche giorno a casa di una solidale.

Sono stata accolta da una donna gentilissima e dal suo bambino che, appena sono arrivata, mi ha offerto dei biscotti e mi ha chiesto se il giorno dopo sarei andata con lui a una manifestazione per Hambach, ovviamente gli ho risposto di sì: non potendo più andare né nei campi né nella foresta era il minimo che potessi fare. Così la sera di giovedì 20 siamo andat* tutt* e tre al corteo ad Aachen. La manifestazione, molto partecipata, è iniziata con un minuto di silenzio per rispetto dell’attivista morto il giorno prima. Tuttavia ci sono state delle contestazioni, a mio avviso comprensibili e condivisibili, quando un politico è intervenuto dichiarandosi contrario al disboscamento nella foresta per l’espansione della miniera di lignite e quando una attivista ha parlato del fatto che a seguito degli ultimi eventi alcuni poliziotti avrebbero dichiarato di non essere contenti del loro lavoro. Del resto quel giorno girava la voce che dopo la morte dell’attivista gli sgomberi sarebbero stati sospesi, invece le attività di sgombero ricominciarono già la mattina del 21 (giorno in cui sono ripartita per l’Italia) quindi, a maggior ragione, le vane promesse di politici e autorità non ci interessano e, la lotta per la difesa di Hambach, la resistenza attraverso l’azione diretta, e la solidarietà dal basso, che non passa attraverso le istituzioni, continueranno: ho visto di persona la forza e la determinazione degli/lle attivist*, ed è uno dei più grandi insegnamenti che ho tratto da questa esperienza.

 

Antispecist* Libertar* Ferrara

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